ISTRUZIONI PER L'USO

Il testo di seguito riportato è la fedele trascrizione del volume originale, non è stata apportata nessuna modifica al testo. Il volume comprende complessive tavole 73: di cui 48 accessibili direttamente da questo testo, le restanti 25 (come anche le precedenti 48) dall'indice delle tavole. Le scansione delle tavole sono in formato "jpg" a 256 toni di grigi e 72 dpi di risoluzione. Sotto la voce "download" sono disponibili le stesse tavole nel formato "tiff" in b/n e alla risoluzione di 300 dpi.

[INDICE DELLE TAVOLE (CON ANTEPRIME)]

[DOWNLOAD DELLE TAVOLE (formato "zip")]


AGLI ARTISTI, ED AMATORI DELLE BELLE ARTI

RACCOLTA

DELLE MIGLIORI FABBRICHE
ED ORNAMENTI
DELLA CITTA' DI GENOVA

DISEGNATE DALL'ARCHITETTO E PITTORE
GIUSEPPE BERLENDIS BERGAMASCO
MILANO MDCCCXXVIII.

PREFAZIONE.

Avendo per ben dodici anni dimorato in Genova ad oggetto della mia professione, e l'agio avendo quindi avuto di esaminare attentamente e dettagliatamente considerare tutti li magnifici fabbricati, di cui va ancora superba questa ricca e popolosa Città; vennemi in mente di pubblicare colle stampe una ristretta ma scelta raccolta dei medesimi, disegnandoli ed incidendoli colla maggiore precisione a me possibile, e ciò per presentare al pubblico conoscitore, a cui raccomando quest'opera, una breve ma giusta idea di questa Città magnificentissima, che ben a ragione può dirsi, Roma Seconda. E certamente recar deve, come reca a chiunque meraviglia la quantità prodigiosa dei grandiosi stabilimenti, sì pubblici, che privati, chiese, palagi, ecc. in cui riscontransi preziosità di materiali, magnificenza di costruzione, e gusto d'architettura, ed in cui fan pompa magnifici portici, e vestiboli con replicate file d'intercolunnii, statue, fontane, scaloni, maestosi e grandiosissimi saloni, principeschi appartamenti, scelte pitture a fresco, vagamente distribuite, si sulle facciate, che sulle volte e pareti interne , e da più sublimi pennelli eseguite, copiose gallerie di quadri preziosi d'ogni età e d'ogni scuola, grandiosi e deliziosi giardini e mille altre meraviglie, prodigii dell'arte all'apice della sua perfezione portata. La presente breve ma scelta raccolta dei principali monumenti e fabbricati di questa Città composta di N.° 48 Tavole da me disegnate ed incise, e distribuite in quattro fascicoli, avrà, mi lusingo, il vantaggio sopra le altre due state pubblicate, la prima da Pietro Rubens, celebre pittore, nato l'anno 1567 e l'altra nel 1820 da M. Gauthier parigino, il quale passando per Genova, onde recarsi alla sua patria, rimase colpito dalla magnificenza di quegli edificii, e risolse di farne una raccolta. La prima, oltre che riuscirebbe in oggi giorno quasi per intiero variata, è mancante totalmente di descrizione: ed all'altra, benchè moderna, può certamente prestarsi poca fede, poichè mancante di quella verità, che solo col tempo, e coll'indefesso lavoro può in simili cose ottenersi precisione. Genova, Città molto mercantile, sede di un Arcivescovo, ora sua Eminenza Lambruschini, nativo di Sestri, della riviera di levante, non che di un Governatore sotto il dominio del Re Carlo Alberto, è decorata di una Università, di molti Stabilimenti di pubblica istruzione, di un Collegio pei Sordimuti, e di un Collegio militare di marina, di un vasto e comodo Arsenale per la costruzione dei vascelli e cannoni, di una ben munita armeria, ecc. e la cui popolazione ascende a circa 90 mila abitanti, trovasi in riva al mediterraneo o golfo di Genova. La sua fondazione è sepolta nelle tenebre. Secondo una volgare opinione ella riconosce Giano per suo fondatore. Diversi sono colà i Giani a due facce: ed uno ve n'era sopra di una fontana sulla piazza di S. Domenico, attorniato da un serpente, che colla bocca si mordeva la coda, simbolo, siccome a ciascuno è noto, del rinascente giro del tempo. Alcuni storici Genovesi, volendo far derivare la loro Città ed il loro popolo da Giano, si sono avanzati sino a volerne ricavare l'origine da Jafet, figlio di Noè, che essi vogliono confondere con Giano: e che dicono esser venuto dopo il diluvio a popolare l'Europa, come gli altri due fratelli, l'Africa e l'Asia. Vogliono poi che gli siano state date due facce per significare le due età, cioè l'anti, e la posdiluviana ch'ei vide.
Al suo ingresso dalla parte della lanterna, presentasi la Città sotto la forma di un Anfiteatro ad arco di circolo, il cui aspetto riesce certamente meraviglioso, poichè essendo il suo terreno sensibilmente inclinato, veggonsi le case gradatamente risorgere le une sopra delle altre, tutte coperte di lavagna di bigio color riflettente, ed ornate di molti belvedere, i quali però confondendosi colle facciate delle case, rendono una tal vista, sebbene grande e magnifica, però poco pittoresca.
Alle due estremità del suo anfiteatro ad arco, sotto il quale presentasi la vista della Città dalla parte della lanterna, estendonsi in mare due lunghi e forti moli, che rinserrano e difendono il vasto e profondo porto, munito di molte batterie di cannoni, ed è inoltre la Città circondata dalla parte di terra da doppio giro di mura, l'ultimo de'quali è stato fabbricato sopra una corona di monti dopo l'ultima guerra del 1747. Dalla parte di terra è ovunque la Città circondata da monti, sulle vette dei quali veggonsi colmeggiare varii forti ed antichi castelli. Le due gran valli, che s'aprono al di qua, ed al di là della Città, deliziose per i molti casini e palagi di villeggiatura, prendono i loro nomi dai due fiumi che vi scorrono e che metton foce nel mare, cioè quella a levante di Bisagno e l'altra a ponente di Polcevera.
La principale contrada di questa Città, è quella che muove dalla porta della lanterna, e va fino alla porta Pilla verso levante, la quale, come alcune altre poche, è di una discreta larghezza. Tutte le altre contrade però sono assai ristrette, e tale angustia riesce ancor più sensibile, in causa dell'altezza a cui giungono i laterali fabbricati. Quasi tutti i principali palagi e caseggiati rimangono isolati, per cui sono tutti all'intorno circondati da strettissimi vicoli, che l'idea certamente presentano di un vero laberinto.
Tutti i caseggiati di questa Città sono per lo più composti di sette a dieci piani, ed a differenza del costume degli altri paesi, sono più ricercati, ed a maggior prezzo si affittano i piani superiori in confronto degli inferiori, e ciò perchè la soverchia altezza delle case, e la ristrettezza delle contrade, rendono questi ultimi oscuri e meno salubri. Uno dei principali comodi e vantaggi di questa Città si è il poter condurre l'acqua, per mezzo di tubi di piombo, anche sino agli ultimi piani superiori, qualunque sia l'altezza del fabbricato. Quest'acqua viene estratta sino dal paese di Calzolo, e portata in Genova per mezzo di un acquedotto ben chiuso, lungo 18 miglia tra valli e monti, la quale, essendo il livello dal suddetto paese considerabilmente superiore a quello della Città, s'incammina per propria pressione nei tubi di diramazione anzidetti e giunge con ciò alla maggior altezza occorribile. Quasi ogni casa ne è fornita, e chi non l'avesse può facilmente acquistarla. Questo vantaggio certamente incalcolabile e grande, è dovuto all'opera di Gio. Aicardo, nativo di Cuneo e morto l'anno 1625. La Città però non manca di abbondanti pozzi e fontane, di modo che non resterebbe senz'acqua, anche nel caso, che in occasione d'assedio, venisse tagliato l'acquidotto.
E' certamente in questo paese lodabile l'arte di costruire le fabbriche, tanto per riguardo alla solidità, quanto per riguardo al decoro, ed al comodo. Il resistere che fanno quegli altissimi fabbricati talora alle scosse dei terremoti e spesso all'urto dei gagliardi venti che colà dominano, tuttochè la comune grossezza dei muri al piede non ecceda i 75 centimetri, è una prova sicura della solida e buona costruzione dei medesimi. Essi sono costrutti con sani e forti materiali, cioè con pietre da spacco e mattoni, ed il cemento è formato quasi sempre di arena di mare unita con calce fortissima di Cocoleto. Nelle stabiliture esterne delle facciate, che quasi sempre si dipingono con fatti di storia, bassi-rilievi, ornati, ecc. si usa dell'arena di mare lavata più volte nell'acqua dolce, oppure arena di Spagna, o puzzolana di Roma, ed anche polvere di marmo, secondo l'uso e l'esposizione del casamento. Le stabiliture interne poi delle pareti e soffitte, o volte si terminano coll'applicarvi un sottilissimo strato di pasta di calce ben manipolata, in modo che esse rimangono, come le tele imprimite per dipingere.
Il legname di cui soglionsi costruire le soffitte, le armature dei tetti ed altro, è per lo più di castagno, rovere, albero, o pino.
La forma ed i materiali impiegati nella costruzione dei tetti, sono molto diversi che altrove; e quivi riescono i tetti medesimi molto più leggeri, sicuri e durevoli dei nostri.
Costrutta l'armatura, e sovrapposto il corrispondente tavolato di assi, si ricopre questo con Ebaini, i quali non sono che sottilissime lastre quadrate di Lavagna, della grossezza al più di mezzo centimetro, ed ordinariamente del lato di 66 centimetri.
Si dispongono questi in file per il lungo del tetto a guisa di bugnato, unendo testa con testa, e sigillando le unioni, che già si fanno a perfetto contatto, con del cemento ben crivellato e sovrapponendo di parecchi centimetri la parte inferiore di ogni fila, alla parte superiore della fila sottoposta, con che viene sicuramente a vietarsi l'accesso alle acque.
Tali Ebaini vengono assicurati alle tavole sottoposte con due chiodi cadauno, ed è mirabile la facilità, con cui l'esperto muratore li fora all'atto della loro collocazione colla punta acuta della sua martellina.
In consimil guisa si usa di coprire anche molti muri esposti a settentrione, onde ripararli dal guasto dell'aria tramontana. Le dette lastre di Lavagna, le quali, oltre all'uso indicato, servono anche a molti altri oggetti, come per pavimenti, gradini, soglie, stipiti, architravi, gronde di tetto, ecc. si estraggono dalle cave sotterranee, lontane da Genova 22 Miglia verso levante. Se ne cavano della grossezza da mezzo a 15 centimetri, e di grandezza a piacere, e con essi soglionsi costruire delle grandi casse per conservare l'acqua dei condotti, delle tavole dimostrative, ecc. ed ora anche se ne fa un commercio attivissimo colle lontane nazioni.
Tutte le soffitte in qualunque casa si usano alla Veneziana; ma però di una costruzione singolare, per cui riescono più economiche, spedite, durevoli e leggiere delle nostre. Si prendono delle grosse canne del diametro di 3 centimetri e più. Queste si fracassano, battendole col martello, indi aprendole per il lungo si spianano in maniera che formano una fascia della largliezza di circa centimetri 10, la faccia della quale, che corrisponde alla superficie interna della canna, naturalmente ruvida e contenente molti nodi, riesce molto atta a trattenere il cemento, ed a far corpo col medesimo, anche in grazia delle molte crepolature longitudinali e filamentose, che necessariamente si formano nell'aprire la canna e nel ridurre in piano la superficie cilindrica della medesima. Preparate in tal maniera le canne, s'inchiodano queste lungo due lati contigui della stanza a soffittarsi, indi si vanno intrecciando le une colle altre a guisa di stuoja, inchiodandole di mano in mano che si avanzano ai travicelli od agli scettri in caso che la soffitta non sia piana. Egli è chiaro che nell'inchiodare e quindi nell'intrecciare le dette canne si ritiene per inferiore la faccia ruvida della canna spianata, acciò stabilendole nella guisa sovra annunciata, il cemento vi rimanga facilmente aderente.
Si terminano poi col darvi una sottil mano di pasta di calce ben manipolata, come sopra si è detto.
I pavimenti che si usano, sono di marmi diversi, lavagne, quadrelloni, quadrati di cotto, terrazzi, ecc.
Si usa però anche, a risparmio di spesa, di costruirli di un battume, composto di sangue di bue o melasso, calce vergine, polvere di lavagna, limatura di ferro, e polvere di marmo, dipingendoli poscia a piacere con vernice, come anche quelli di quadrelloni. I pavimenti dipinti richiedono però una grande servitù, onde tenerli puliti, perchè conviene lavarli di frequente con una spugna imbeverata di aceto e d'oglio d'olivo, come qui vi si pratica.
Dovrei ora soggiungere qualche cosa circa al metodo, che qui vi si tiene nella formazione dei ponteggi per l'erezione degli edificii, che certamente è più economico, e spedito di quello si usa tra noi, poichè non vi si impiega neppure un chiodo, non si taglia verun legname più lungo del bisogno, si mette a profitto qualunque legno, ecc. ma essendo unico divisamento di toccare di volo soltanto le cose principali, che riguardano le particolarità di questo paese, debbo omettere un più minuto dettaglio, pel quale credo non basterebbe un grosso volume.
Il dolce clima, che domina in questa Città, fa sì, che assai di rado cadano delle nevi in tempo d'inverno, per cui non si sospende che per pochi giorni la costruzione delle fabbriche.
I prodotti delle amene riviere sono olive, agrumi, melaranci, canne, vini bianchi, frutti, verdura, fiori, ecc., e le manifatture sono le fabbriche di coralli, galanterie d'oro, velluti, merletti, sapone, biacca, cordame, ecc. Il commercio poi si estende ad ogni genere di merci che si possa desiderare.

 

DESCRIZIONE DELLE TAVOLE.

PALAZZO DEL GOVERNO.

TAVOLE [I] [II] [III] [IV] [V]

Questo immenso fabbricato è il più grande ed il più magnifico della Città. Era anticamente la residenza del Doge della Repubblica, ed ora serve di sede al Regio Senato, ed a diversi altri corpi di pubblica amministrazione.
L'incendio di questo Palazzo seguito li 3 novembre 1777 distrusse intieramente l'idea del fabbricato, opera di Andrea Vannone architetto Lombardo del secolo XVI, e divorò le più belle pitture a fresco di Marcantonio Franceschini, e di Tommaso Aldrovandini. Venne quindi rifabbricato per disegno dell'architetto Simone Cantoni Svizzero, il quale al certo non poteva riprodurre un'idea migliore. Forma di fatti sorpresa a tutti i forestieri la profusione dei preziosi materiali, e la quantità dei diversi ornamenti che decorano la facciata e le sale interne, dando il tutto a conoscere esser questo un regio stabilimento che certamente impone maestà e grandezza. La facciata è tutta eseguita in marmi di Carrara colla massima precisione desiderabile, ed essa conserva ancora il suo latteo color naturale. L'interno della sala del gran consiglio che è una delle più grandi e ricche che esista in Europa, viene decorato con colonne, pilastri e lesene con il fusto impiallacciato di marmo bruccatello di Spagna. Anche il fregio trovasi similmente coperto col medesimo marmo, e tutte le parti principali del salone, come pavimento, ecc. sono formate con marmi più stimati d'ltalia e di Francia. Le statue ed i ricchi ornamenti che decorano le pareti e le volte sono eseguiti in istucco e lavorati con ottimo gusto. Li bassirilievi, dipinti a chiaroscuro sopra le porte, sono opere di varii classici artisti, e la medaglia nel mezzo della volta, che rappresenta lo sbarco di Colombo in America, è eseguita a fresco dal Tiepoli Veneziano.

 

URNA IN S. MATTEO.

T. [VI]

E' questa una delle due urne che trovansi collocate lateralmente nel coro dell'antica chiesa di S. Matteo, stata rimodernata nell'anno 1560 per ordine del celebre Andrea Doria dietro disegno dell'architetto Gio. Battista Castello Bergamasco. La graziosa forma di quest'urna, la cui costruzione ascende sino al VI secolo, fa conoscere essere stata eseguita da valente artista.

 

PORTA DELL'ARCO.

T. [VII]

Questa porta trovasi alla seconda mura di fortificazione, entrando dalla parte di levante. Essa conserva sobrio e solido carattere veramente proprio al oggetto per cui fu impiegata, e la sola forma della trabeazione osservata in complesso, in cui ai triglifi sonosi sostituiti i modiglioni che vi fanno molto bell'effetto, pienamente di ciò ne convince. E' essa tutta di vivo, formata con pietra del Monte di Finale situato lontano da Genova 45 miglia lungo la riviera di Ponente. Questa pietra di color arancio pallido, e composta di arena marittima pietrificata unitamente a molte conchiglie di varie specie, è molto usata nelle principali e più magnifiche fabbriche della Città, e particolarmente è adoperata per basamenti ed ornati qualunque. La sua stessa fisica costruzione granulosa, fa sì che essa riesca alquanto porosa, per cui impiegata nelle costruzioni, fa talmente corpo col cemento che si adopera, che nelle parti di fabbrica che si demoliscono, spaccansi più facilmente le pietre, di quello che si separino le une dalle altre.

 

PONTE E CHIESA DI CARIGNANO.

T. [VIII] [IX] [X] [XI]

La risoluzione stravagante ad un tempo e grandiosa, che prese il Sauli Bendinelli di far eseguire il ponte, che dà comunicazione tra i due colli di Sarzano e Carignano, ridondò certamente a grande pubblico vantaggio. Fu questo ponte costrutto dietro disegno dell'ingegnere Langlad, l'anno 1724 con tutta la solidità e comodità, per cui vi passano comodamente quattro carrozze di fianco. La sua altezza smisurata fece rimanere i sottoposti fabbricati alquanto soggetti al livello del ponte; tuttochè siano essi composti di sette, o otto piani. Il caseggiato a destra di là del ponte è composto di dodici piani, ed ha due ingressi; l'uno al piede dei piloni e l'altro al piano superiore.
La Chiesa dell'Assunta in Carignano, che si presenta al principio di detto ponte con un aspetto veramente maestoso, tanto per la sua bella forma, quanto per la sua felice posizione visibile da quasi ogni punto della Città, fu fatta erigere a spese della famiglia Sauli con disegno di Alessio Galeazzo di Perugia, nato l'anno 1500, essendosi incominciata la sua costruzione l'anno 1552. Questa Chiesa è una delle più belle in architettura. Il suo interno è configurato a croce greca, e le facciate sotto d'ordine Corinto in pietra di Finale. I campanili e la cupola sono pure eseguiti in pietra di Finale, e l'ornamento della porta principale, e delle finestre, è in marmo bianco di Carrara, come pure le statue della Beata Vergine, e dei santi Pietro e Paolo, le quali sono eseguite dal David Borgognone. Gli ornati dell'ordine Corinto e gli scomparti delle volte e cupola, sono eseguiti in istucco. Gli altari, porte, statue, ecc. sono pure in marmo di Carrara, e nei quattro piloni che sostengono la grande cupola, che certo è una delle più magnifiche che esistono, vi sono quattro statue colossali. Quelle di S. Sebastiano, e del Beato Alessandro Sauli, sono di Pietro Puiet, sopra nominato il MichelAngelo della Francia, per esser egli pure stato pittore, scultore ed architetto: l'altra di S. Gio. Battista è di Filippo Parodi Genovese, e l'ultima di S. Bartolomeo è opera del già citato David Borgognone. Nell'altare maggiore, composto di bellissimi e preziosi marmi, veggonsi molti bassirilievi in bronzo, eseguiti da Massimiliano Soldani Fiorentino
E poi inoltre decorata questa Chiesa di un magnifico organo, che è uno dei più armonici d'Italia, ed i campanili sono muniti di superbo numeroso concerto di campane.

 

PORTE DE' PALAZZI.

T. [XII] [XIII] [XIV]

La porta segnata colla lettera A fu fatta erigere in onore del celebre Andrea Doria, per opera del quale nell'anno 1528 fu rimesso nella primiera perfetta libertà di Repubblica tutto lo stato. Diverse primarie Accademie di belle arti fecero cavare i modelli degli ornati di questa porta, avendoli riconosciuti pregievoli, ed una cattiva copia di quelle lesene si scorge in un pilastrino, che sostiene un monumento nella Certosa presso Pavia.
La porta segnata B si ritiene esser del quinto Secolo, ed è di un gusto squisito, che unito ad una felice esecuzione non lascia desiderare di più.
Nelle seguenti Tavole [XIII] [XIV] sono riportati i dettagli delle suddette porte, la lesena C di una porta in istrada Luccoli, eseguita in pietra di Prementone, ed il fregio di una porta vicina alla Maddalena pure eseguito in pietra simile. Questa pietra che si cava vicino a Genova è di color bigio, e col tempo diviene quasi nera e molto compatta.

 

FACCIATA DEL PALAZZO REALE, PRIMA TURZI.

T. [XV]

Questo Palazzo fu ceduto a sua Maestà il Re Vittorio Emanuele l'anno 1820, il quale lo fece rimodernare internamente coll'opera dell'architetto Randoni Torinese, ed ove il bravo pittore a fresco Giuseppe Paganelli Bergamasco, dipinse la grande volta nel salone situato sopra l'ingresso, e che fra tante opere che fece in Genova, è questa una delle più stimate. La ricca facciata di questo palazzo, è tutta eseguita in marmo bianco di Carrara, per cui il suo aspetto riesce sontuoso e magnifico, sebbene resti a desiderarsi maggior purgatezza di stile. Gli ornamenti sono figure, testoni, ecc. quattro dei quali, che si vedono nella precedente Tavola, sono di Taddeo Carlone. L'autore di questo palazzo è Rocco Lugaro architetto Lombardo, morto l'anno 1590.

 

REGIA UNIVERSITA'.

T. [XVI] [XVII] [XVIII] [XIX]

Questo sontuoso fabbricato, era il collegio dei Gesuiti, i quali soppressi che furono, vi fu stabilita l'Università. L'architettura è di Bartolomeo Bianco di Como, e la sua costruzione intrapresa e compita a spese della famiglia Balbi, fu incominciata nel 1631. L'aspetto e l'interna configurazione di questo vasto e maestoso stabilimento, fa certamente conoscere l'ingegno sorprendente dell'archiletto, il quale seppe adattare in una delle piú diflicoltose situazioni, una delle più belle fabbriche, che esistono in questa Città. Il magnifico portico, il nobile cortile, e gli spaziosi scaloni che mettono alle superiori gallerie, danno veramente idea di un principesco palazzo. La grande sala delle pubbliche adunanze, situata sopra il portico, è dipinta a fresco da Andrea Carlone: le sei statue in bronzo, rappresentanti sei virtù, sono di Giacomo da Bologna, ed i due colossali leoni al principio dello scalone nell'atrio, sono opera di Francesco Biggi.
Il pezzo d'ornato segnato colla lettera A fa parte di un monumento nella chiesa di S. Teodoro, e l'altro segnato B è il fregio di una porta nella contrada dei Servi.

 

PORTE DIVERSE.

T. [XX] [XXI]

Si sono in queste tavole riportate tre delle migliori porte, tutte di diverso stile; la prima segnata C rimonta al principio del V. secolo, l'altra con l'archivolto semicircolare è del VI. secolo, e quella di mezzo è settecento. Sono tutte eseguite in marmo bianco di Carrara, e pietra di Prementone.

 

CAPPELLA DEL LAZZARETTO.

T. [XXII]

Fu questa Cappella fatta eseguire per ordine del Magistrato di sanità nel Lazzaretto della Foce, il quale serve per collocare in quarantena quelli che provengono da paesi lontani ed affetti da morbi contagiosi, ed anche per riporvi le mercanzie soggette alle stesse precauzioni. Questa Cappella è stata disegnata dall'architetto Ippolito Cremona Svizzero, e la sua semplice ma ben intesa architettura gli fa certamente onore.

 

MONUMENTO DI S. GIO. BATTISTA.

T. [XXIII] [XXIV] [XXV] [XXVI]

Questo monumento esistente nella Cappella di S. Gio. Battista nella Cattedrale contiene le ceneri del suddetto Santo, recate in Genova l'anno 1097, le quali riposano in urna d'argento, che si espone sull'altare nel giorno della festa, e che nel decorso dell'anno si ripone in altra cassa di ferro, situata sopra il medesimo monumento. Questo è tutto eseguito in marmo statuario di Carrara, meno i quattro fusti delle colonne, che sono di porfido orientale. Fu eseguito detto monumento da Nicola da Corte scultore Lombardo del VI. secolo.

 

TEATRO CARLO FELICE.

T. [XXVII] [XXVIII] [XXIX] [XXX]

Prima dell'anno 1826 la Città di Genova mancava di un moderno e comodo Teatro, che competesse cogli altri sontuosi e magnifici fabbricati di cui è ripiena. Fu per questo che la Deputazione della Comune risolvette di farne costruire uno sulla nuova piazza, ove prima esisteva l'antica Chiesa e Convento di S. Domenico, dietro disegno cavato dai tre progetti, eseguiti dagli architetti Cavaliere Canonica, Bonsignori Torinese e Carlo Barabino. Fu nello stesso tempo progettata la demolizione di varii palazzi e caseggiati, onde aprire una contrada carrozzabile della lunghezza di metri 200 e 10 di larghezza, che direttamente dal Teatro comunicasse colla piazza delle fontane amorose, e quindi colla contrada principale, denominata strada nuova, che scorgesi sotto la lettera M Tavola [III].
Furono approvate tutte quest'opere da Sua Maestà Carlo Felice, il quale anche per quest'oggetto contribuì grossa somma, per cui nello spazio di due anni fu terminato ogni lavoro, ed il nuovo Teatro si aprì nella primavera dell'anno 1828.

Spiegazione dei numeri segnati nel pian-terreno.
1. Portici. 18. Stanza pel portiere del loggione.
2. Vestibolo. 19. Scalone che mette al Palco Reale.
3. Portico per le carrozze. 20. Gabinetti pei portinaj.
4. Gabinetti pei viglietti. 21. Guardarobe.
5. Galleria. 22. Scale che inettono alli piani superiori.
6. Atrio. 23. Cessi con acqua corrente.
7. Platea. 24. Corritoj che danno ingresso ai palchi.
8. Orchestra. 25. Palchi.
9. Palco scenico. 26. Gabinetti addetti ai palchi.
10. Ingresso al I° ordine dei palchi. 27. Luoghi aperti.
11. Trattoria. 28. Porta e scala ai palchi di proscenio per Sua Maestà.
12. Caffetteria 29. Porta pei cavalli.
13. Corpo di guardia. 30. Camerini pei primi virtuosi.
14. Gabinetto per l'impresario. 31. Scala che mette al palco scenico.
15. Porta per dar accesso alle portantine. 32. Stanza per la luminazione.
16. passo al loggione. 33. Cameroni pel vestiario delle comparse.
17. Scala al detto loggione. 34. Scale per gli scenarii.

Primo piano superiore.
1. Scaloni che portano al Palco Reale e ridotti. 11. Palchi.
2. Galleria. 12. Gabinetti pei suddetti.
3. Sale del ridotto. 13. Luoghi aperti.
4. Terrazzi. 14. Scale alli superiori ordini di palchi.
5. Stanza del caffettiere. 15. Scala privata per sua Maestà.
6. Scala del medesimo. 16. Sala e palco di proscenio per S. M.
7. Scala della trattoria. 17. Scale per uso del palco scenico.
8. Sala e palco del Re. 18. Palco e gabinetti pel corpo civico.
9. Porte da chiudersi in occasione di feste. 19. Scala al loggione.
10. Corritoj.

 

PORTA DI UN PALAZZO.

T. [XXXI]

La capricciosa forma di questa ricca porta, esistente sulla Piazza Grilla Cattaneo, non soddisfa troppo l'occhio dell'intelligente, tuttavia però il buon gusto e l'eccellente esecuzione degli ornati in questa disposti, suppliscono al merito intrinseco della medesima, perchè possa essere riportata in quest'opera. Essa è stata eseguita nel VI. secolo.

 

SALA SERRA.

T. [XXXII]

Prescindendo dallo stile architettonico di questa Sala, disegnata dal Parigino architetto Monsieur de Wailly, per la sua eleganza e per la profusione dei preziosi materiali impiegati, deve essere tuttavia considerata superiore a qualunque altra d'Italia.
Questa esiste nel piano superiore del palazzo del Marchese Girolamo Serra, ed e stata fatta eseguire dal di lui padre M. Domenico nello scorso secolo, impiegandovi i migliori artisti di quel tempo. Tutto l'ordine Corinto, le balaustre, gli ornamenti delle porte, i busti, bassirilievi, trofei, vasi, ecc. trovasi tutto eseguito in marmo di Carrara, ed il tutto adorato a doppia foglia di Zecchino, come anche il ricco scomparto della volta decorata di molti ornamenti e di stucchi tutti indorati. I fondi dei detti ornati sono tutti coperti di Lapislaz'zulo come pure le fodrine dei serramenti delle porte tutte intagliate ed indorate. La medaglia nella volta, rappresentante Febo, fu dipinta dal francese Pietro Subleyras, al quale furono in compenso regalati mille Luigi d'oro.
I due grandiosi camini sono eseguiti in bronzi indorati, sulle cimase dei quali veggonsi due graziosissimi gruppi di figure in bronzo indorato. Sonovi inoltre quattro superbi orologi, e varie grandi e ricche pendole, il tutto in bronzo indorato, come molte altre suppellettili, che non lasciano a desiderare più oltre.
Una delle principali particolarità di questa Sala, sono le grandiosissime lastre di specchi, collocate perfettamente paralelle fra di esse negli intervalli dei sei intercolunnii, tre dirimpetto ad altre tre, per cui specialmente quando la Sala è illuminata formano un così replicato magico effetto, che all'istante inganna tutti quelli che non sono prevenuti. L'importo totale della spesa occorsa nella costruzione di questo Salone fu cerca un milione di lire di quella moneta.
La pianta di questa Sala è riportata nella Tavola seguente.

 

ALBERGO DEI POVERI.

T. [XXXIII] [XXXIV] [XXXV]

Semplice ma bella e grandiosa è la forma di questo vasto Stabilimento eretto nell'anno 1650, dietro la promozione di quel Magistrato, ed i diversi legati disposti da' varii distinti benefattori di questa Città. Il disegno è di Gio. Battista Ghiso, il quale unito con altri architetti, concepì e mise a termine l'idea di spianare la falda di un monte, e raccogliere in un sol canale tutte le acque derivanti dai monti vicini, onde erigervi questo Stabilimento, come appare dalla iscrizione che leggesi sulla facciata, e che qui a piedi riportiamo.
Questo Stabilimento degno dell'attenzione dei forestieri, e capace di 2200 individui. I poveri incapaci di travagliare, vi si ricevono gratis, servendo questa per casa di carità, ed anche di correzione agli scostumati, che pure si accettano.
Nella Chiesa di Santa Maria, situata nel centro del fabbricato, vi sono molte buone pitture e scolture degne d'ammirazione. Fra queste è un bassorilievo di MichelAngelo Bonarotti in marmo bianco, rappresentante la santa Vergine col morto Signore,

AUSPICE DEO
SERENISSIMO SENATU FAVENTE
MAGISTRATU PAUPERUM FAVENTE
MONTES DEJECTI VALIS COAEQUATA
FLUENTUM CONCAMERATUM
ALVEUS DERIVATUS
EGENIS COGENDIS ALENDIS OPIFICIO
PIETATE INSTITUENDIS
AEDES EXSTRUCTAE
ANNO SALUTIS
MDCLV.

ed una statua della Beata Vergine, capo d'opera di Pietro Puiet. Vi sono in oltre molte altre statue, tanto nella chiesa, quanto negli spaziosi scaloni, atrii, ecc. che rappresentano i benefattori di questo luogo pio, molte delle quali sono opera dello scultore Barberini Lombardo. In questo Stabilimento si fanno i più superbi lavori di lino e lana, da cui l'amministrazione del medesimo trae non lieve profitto. Alle figlie che sortono per maritarsi, si consegna in dote la somma di 200 a 400 franchi. La pittura che si vede nella facciata è di Gio. Battista Carlone.

 

ORNATI DIVERSI.

T. [XXXVI]

Rappresenta questa Tavola la porzione del fregio cavato da una porta nella contrada Defranchi, la di cui forma è consimile a quella segnata colla lettera C nell'antecedente Tavola ventesima, ed è eseguito in marmo bianco di Carrara nel V. secolo. L'altro pezzo d'ornato è una parte del fregio che gira intorno agli stipiti e all'architrave della porta di Andrea Doria, riportata nell'antecedente Tavola [XII].

 

BASSIRILIEVI.

T. [XXXVII]

Sono questi, due dei sei bassirilievi esistenti nel palazzo del Principe Doria, eseguiti con disegno del celebre pittore Pierin del Vaga, il quale in detto palazzo dipinse a fresco molte pregiate opere che tutt'ora si conservano nel primiero perfetto loro stato. Fra queste evvi una grande medaglia sulla volta del salone, rappresentante la guerra dei Giganti contro Giove, pittura che in oggi è molto stimata.

 

PORTO FRANCO.

T. [XXXVIII] [XXXIX]

Questo immenso locale che serve per deposito di tutte le mercanzie provenienti dall'estero senza elle paghino veruna imposta daziaria, contiene undici separati quartieri, dove si collocano le diverse mercanzie, e ciascuno dei quali porta il nome di un Santo, ed ha i suoi proprietari i quali ne ricavano molto profitto, poichè di una sola stanza si pagano annualmente d'affitto circa franchi 3000.
E' proibito l'ingresso in questo Stabilimento alle donne, agli ecclesiastici, ai militari, e l'orario stabilito per lo sbarco e trasporto delle mercanzie è lo stesso di quello degli altri ufficii.
Più di duecento cinquanta contadini della Valle Brembana provincia di Bergamo, godono soli il privilegio del trassporto delle mercanzie, i quali di tutti i frutti delle loro fatiche fanno un cumulo in una sola cassa, che ogni mese si dividono.
Si creano a voti i loro consoli sorvegliatori e direttori dei lavori, e tengono il loro cassiere scritturale di modo che formano un piccolo corpo ben regolato che si mantiene e dirige per mezzo delle loro particolari discipline.

Spiegazione delle cifre.
I. Quartiere di S. Giuseppe. VII. Quartiere di S. Pietro.
II. Quartiere di S. Bernardo. VIII. Quartiere di S. Desiderio.
III. Quartiere di S. Giorgio. IX. Quartiere di S. Lorenzo.
IV. Quartiere di S. Caterina. X. Quartiere di S. Gio. Battista.
V. Quartiere di S. Antonio. XI. Quartiere di S. Maria.
VI. Quartiere di S. Francesco.

Spiegazione dei numeri.
1. Primo ingresso. 11. Fontane di acqua dolce.
2. Corpo delle guardie finanziali. 12. Pozzodi acqua dolce.
3. Corpo di guardia militare. 13. Passaggi che mettono ai magazzini.
4. Ingresso alla Dogana. 14. Magazzini diversi.
5. Ingresso al ponte delIe mercanzie. 15. Magazzini per le merci voluminose.
6. Ponte ove caricano le mercanzie per l'estero. 16. Cordonate che mettono ai piani superiori.
7. Ingresso al porto franco. 17. Magazzini ove sopra vi è la strada di circonvallazione.
8. Ufficio delle Ricetorie. 18. Guardarobe di mare.
9. Contrada di mezzo 19. Luogo ove sbarcano le mercanzie.
10. Contrade secondarie 20. Corpo di guardia di mare.

 

ORNATO DI UNA PORTA.

T. [XL]

La forma gentile di questa porta rassomiglia a quella posta sulla piazza di S. Matteo, ed antecedentemente riportata. Trovasi questa vicina a S. Siro, ed è eseguita in marmo di Carrara.
Il suo bello stile la rende una delle migliori porte, che trovansi in questa Città, e varii artisti vi formano i loro studii, e ne prendono dei modelli, riconoscendo questi ornati, come capi d'opera del sesto secolo.

 

LOGGIA BANCHI.

T. [XLI] [XLII] [XLIII]

La lodevole, e singolare costruzione di questo grandioso padiglione, disegnato, e diretto dall'architetto Alessi Galeazzi, fa conoscere di quanto ingegno fosse fecondo questo celebre artista. La volta è della lunghezza di metri 31 50 e della larghezza di metri 19 ed è sostenuta da intercolunnii con arco, senza che si veda veruna chiave, o stringa di ferro. E' pure ingegnosa e meritevole di osservazione la solida armatura del tetto sovrapposto, il di cui peso nelle parti laterali si contrappone direttamente alla spinta della volta, e tutto va a basare sul vivo delle colonne isolate e semplici pareti, come si scorge nelle suddette tavole.
Serviva questa anticamente di borsa, ove radunavansi i mercanti per la trattazione dei loro negozii.

 

SCALA DUBAZZO.

T. [XLIV]

Nella precedente Tavola [XLI], si vede la pianta di questo scalone che trovasi nel palazzo Durazzo, disegnato dal citato Alessi Galeazzi. Essa è eseguita in marmo di Carrara, il suo andamento è stato riformato per disegno di Andrea Tagliafico architetto dello scorso secolo. L'aggetto, ossia la larghezza di questa scala è circa di metri 3, ed i gradini sono sostenuti da occulte grosse braccia di ferro, per cui a prima vista fa nascere in chi la pratica, timore di rovina. La sua novità la rende singolare ed eccita curiosità la sua sussistenza.

 

VEDUTA PROSPETTICA DELLA LANTERNA.

T. [XLV]

Questa torre trovasi innalzata sopra di una rocca, situata al principio della Città verso ponente. La sua altezza, cominciando dal pelo dell'acqua è di metri 124. Serve questa per la direzione ai naviganti in tempo di notte, poichè alla cima si accendono ventiquattro grosse fiamme che riescono quindi visibili a grande distanza dal porto. Serve anche a scoprire in porto i bastimenti che si avanzano, e ciò mediante un canocchiale situato alla metà della torre. Le osservazioni sono fatte da un apposito impiegato, il quale con diversi segnali a norma delle convenute regole indica poscia al pubblico la qualità, e direzione dei bastimenti. La moderna cappella che si vede situata a destra del nuovo Molo, che difende i bastimenti in quarantena, e la quale serve per dirvi la Santa Messa a vantaggio dei ritenuti che stanno sui loro bastintenti, fu fabbricata nell'anno 1822 con disegno dell'architetto Cremona Ippolito.

 

DETTAGLIO DI UNA VOLTA.

T. [XLVI]

Trovasi questa ricca Volta, ornata in istucchi, nella galleria del palazzo Sauli, situato nella contrada di porta Romana, ed eseguito con disegno di stile Paladiano.
Era questo palazzo una delle migliori opere di questa Città, ma abbandonato, il tempo lo va a poco a poco distruggendo.

 

CHIESA DELLA SS. ANNUNCIATA DEL VASTATO.

T. [XLVII] [XLVIII]

Fu questa Chiesa fondata nell'anno 1228 da religiosi denominati Umilianti. Essa è una della più grandi e ricche della Città, e deve la sua magnificenza ed il suo splendore alla famiglia Lomelini, essendo stata rifabbricata a loro spese con disegno di Pietro Puiet.
Le colonne che sostengono la volta sono di marmo bianco con le scanellature impiallaciate di Seravezza di Francia, e le pitture della volta sono del Carloni Veneziano.
E veramente incredibile la profusioue dei marmi impiegati in questa Chiesa. La facciata però con due ordini, un sopra l'altro, e così due campanili, uno per parte, è ancora da ultimarsi.


BERGAMO
DALLA STAMPERIA MAZZOLENI
MDCCCXXXI